Un legame che va oltre le loro semplici vite
Osservò il mare il Vecchio e scelse accuratamente la sua esca. Tra mille piccole, arrugginite e colorate esche.
Era quello il suo tempo. Come poteva amare il sole se il grecale tra nubi e pioggia gli regalava sempre grandi prede? Amava il freddo, il freddo è per pochi, è per gli audaci. Porta anatre dal nord. Me lo diceva spesso. Non amava le cose futili, d’altronde la sua vita era diversa. Non lo vidi una volta tra la gente. Lo conobbi anni fa, non è mai cambiato. I suoi abiti, un tutt’uno con la terra. Spesso sporchi e bagnati. Amavo il suo essere. Amavo il suo fregarsene di tutto. Amavo il suo silenzio, la sua audacia e il suo essere diverso. La sua diversità divenne la sua forza.
L’ho sempre ammirato, dal primo giorno che lo scorsi nella radura, fucile in spalla alla ricerca di una preda per cena. Fu allora che rividi nei suoi occhi i miei.
O forse, lui rivide un po’ se stesso nei miei…
Le nostre vite si intrecciavano spesso, molto spesso…
Il silenzio della notte avvolge il bosco. I fari della macchina illuminano i bordi della stradina sterrata. Nel canale di scolo laterale ancora residui di neve. Al limite dello sterrato un piccolo cancello, un cancello di fortuna improvvisato con filo spinato e rami di ginepro.
Sono qui per fotografare i piccoli abitanti del bosco. Sono un fotografo naturalista di professione.
Carico in spalla la mia mirrorless, il mio fidato treppiede ed uno zaino pieno di…
“Mi ha insegnato ad accendere il fuoco, ad accatastare sapientemente la legna. A creare l’esca partendo da trucioli ricavati dal legno. Mi ha insegnato ad affilare l’ascia con la pietra ed a usare l’acciarino per innescare la fiamma.” E’ tutto ciò ripongo nel mio zaino…
Proseguo. Il sentiero si fa più impervio e le rocce sempre più frequenti lasciano poco spazio alla nuda terra. Rendeva più agevole il cammino.
Preparo il capanno sapientemente nascosto in una zona di traccheggio di piccoli passeriformi.
Qualche scatto lo porto a casa, l’insuccesso, nella fotografia naturalistica è sempre in agguato. La perseveranza resta la mia forza e la mia garanzia di successo.
E’ tardi. La fame tradisce la mia concentrazione. Ricavo trucioli di legno da secchi rami di conifera. Sono ricchi di resina e renderanno agevole l’accensione del fuoco. Il coltello dalla parte del dorso , sfregato sapientemente sul mio acciarino, produrrà preziose scintille. L’esca ha funzionato e il fuoco a poco a poco prende consistenza.
“L’ho osservato spesso accendere un fuoco. Osservavo e maturavo esperienze”.
Il fuoco ha scaldato il mio pranzo ed asciugato i vestiti. Il far della sera.
Mani alla nuca osservo il cielo. E’ tempo di montare la tenda, il freddo si fa insistente.