Storie di vecchie amicizie

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Il vecchio e i tordi, nella “Valle dei cacciatori”

“Lo incontravo spesso il vecchio, sulla via del ritorno.

Le nostre strade si incrociavano, io di ritorno dai boschi e il vecchio dal duro lavoro nei campi. Una stretta di mano dava inizio al nostro rito. Una lunga chiacchierata sul passo, e in silenzio, ascoltavo i sui racconti.

Un tempo anche il vecchio era un grande cacciatore. Tempi andati ormai.

Amava molto la selvaggina, e io ero solito regalargli qualche tordo o qualche colombaccio.

Non esitava un attimo, apriva la bisaccia. I tordi si mischiavano ad alcune noci.

Spesso le portava con sé per un frugale pasto. Non lo vedo da tanto il vecchio, non ho più saputo nulla di lui.

Lo immagino ancora li, seduto sul grande masso”

Di quel bellissimo posto di caccia, resta solo il nome.

La “Valle dei cacciatori” è ora parte integrante del parco.

Ci torno spesso con la mia mirrorless per fotografare i suoi abitanti alati.

Per strada c’è silenzio, la nebbia avvolge i palazzi. Lo zirlo del tordo annuncia un passo abbondante.

Esco dalla città, non vedo nessuno.

Ottobre profuma di bosco. Ancora dorme.

La ricordavo più larga questa strada, la vegetazione ha preteso dominio. I rovi non li domi, sono prepotenti.

Le luci del fuoristrada, come lame, rompono il buio; sul selciato un pettirosso spaesato. Ha affrontato un lungo viaggio, ora esausto si riposa prima di dileguarsi tra i rovi.

Pochi chilometri ancora da percorrere, alla mia destra la grande radura. La nebbia mi disorienta, sembra aver cancellato ogni riferimento. Il grosso albero non lascia dubbi, il sentiero è vicino. Tra due grandi lecci una piazzola. Sosto qui.

Zaino in spalla, mi avventuro nel bosco, mentre una fioca luce sembra timidamente farsi strada tra milioni di gocce sospese. Adoro camminare nel silenzio del bosco, ne ascolto l’essenza, assaporo i profumi.

A piccoli passi il giorno si fa strada, ho percorso due chilometri.

Un grosso castagno, vetusto, imponente. Mi sdraio ai suoi piedi. Qualche riccio è già caduto. Raccolgo rami secchi, la nebbia li ha resi fradici, come muschio.

Sfodero il coltello e sfibro i piccoli rami. Nello zaino la fedele ascia.

Accendo un fuoco, la rugiada e la nebbia rendono ardua l’impresa.

Preparo il caffè, resto a pensare. Fisso la moka, borbotta. Verso il caffè, il profumo si diffonde.

Volgo lo sguardo al cielo, un po’ di blu si intravede, mentre la nebbia, a poco a poco si dirada.

Il caffè caldo ristora il mio corpo.

Le mani sulla nuca, fisso il cielo. Il crepitio del fuoco.

E’ ora di cercare del materiale per la fotografia, di spunti paesaggistici certo non mancano. Mi addentro tra le valli, le conosco da una vita e rivederle risveglia in me primordiali emozioni. Come se, le mie vite, si intrecciassero con le loro. Dalla notte dei tempi.

Torno al vecchio castagno. In montagna le valli, rubano gli ultimi raggi di sole. La giornata si conclude in fretta.

Ritorno al sentiero, e lo vedo, nel cuore e nella mente. E’ li. Seduto sul grosso masso.

Ci resta un attimo, il tempo che è servito per destarmi.

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Comments

  1. Antonio Calvano, bravissimo! Mi hai portato con Te nel tuo Gargano e posso solo immaginare la sofferenza per non poter esercitare un tuo e nostro diritto in casa tua. Complimenti.

    • Efisio grazie di vero cuore. Sono felicissimo ti abbia potuto proiettare con un racconto nei miei meravigliosi posti. Un carissimo abbraccio

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