Il fascino indescrivibile di una pratica venatoria che resta ormai nei ricordi: la caccia alle marzaiole
Ormai il mese di marzo è passato, anni fa questo era il periodo più frenetico per i cacciatori di acquatici. I più agguerriti dormivano in palude o in riva al mare con la speranza di veder arrivare sul gioco le marzaiole: le regine del ripasso!
Ma questo era anche il tempo dei trampolieri: pittime, combattenti, chiurli, che anticipavano l’abbondante passaggio delle anatre in risalita verso i luoghi di nidificazione.
La mente, mentre scrivo queste parole, mi riporta indietro con il tempo ai primi anni di licenza, quando ancora la caccia primaverile era il momento più eccitante dell’annata venatoria che si andava a concludere in bellezza.
Si perché, indipendentemente dalla migrazione più o meno abbondante, la caccia in questa stagione ha sempre avuto un fascino ineguagliabile.
Per ripasso naturalmente intendiamo la migrazione pre-nuziale, il flusso migratorio che riporta l’avifauna acquatica nei luoghi di nidificazione del nord e nord-est Europa.
Con la 157/92 cambia tutto
La legge quadro nazionale, la 157/92, ha recepito le direttive europee e i key concept (il documento che determina le date di inizio e fine della migrazione post e prepuziale su cui gli stati membri si devono basare nell’emanazione dei calendari venatori) ma come al solito secondo un modus operandi tutto italiano: infatti chi è andato a Bruxelles a concordare queste date per l’Italia ha deciso che i migratori transitano molto prima sul nostro paese che non negli altri stati europei e alla nostra longitudine. Mistero!
Così tutte le nostre attività venatorie “primaverili”, ovvero che si esercitavano nei mesi di febbraio e la prima decade di marzo, sono cadute nel dimenticatoio.
Ma non nei ricordi dei cacciatori che hanno avuto la fortuna di esercitarle.
Le mie prime uscite agli acquatici sono iniziate proprio sul mare, sul litorale romano, sulla spiaggia di Focene, Fregene, alle foci dei canali di bonifica o dell’Arrone.
A fine degli anni ’80 a febbraio-marzo sulla spiaggia era un susseguirsi di capanni, con due tre cacciatori che spesso ci dormivano anche di notte, per poter presidiare la loro postazione.
Mi rendo conto che adesso sarebbe difficile poter esercitare ancora la bella caccia sulla spiaggia proprio li dove l’ho esercitata per tanti anni. L’antropizzazione delle coste, un’urbanizzazione selvaggia ma anche la fuga da Roma di tanti cittadini, ha ormai riversato tantissime persone lungo il litorale.
Ancora oggi torno in quei luoghi a fare gli avvistamenti per gli studi sulla migrazione che sto portando avanti insieme a tanti amici di Anatidi.it appassionati di ornitologia.
Le prime marzaiole, con binocolo e tanti ricordi
Ora vado al mare a febbraio, marzo, aprile con il binocolo ed oggi, come trenta anni fa, il primo avvistamento di un branchetto di marzaiole mi da un’emozione fortissima.
Spesso incontro altri appassionati di palude che non conosco personalmente ma che, come me, tornano sulla spiaggia a gustarsi i branchi in migrazione.
Qualche anno fa ero seduto su di un tronco enorme che aveva depositato il mare sulla battigia. Poco dopo arrivò un altro uomo, con il binocolo in mano; era più grande mi me, poteva aver avuto l’età di mio padre. Indossava una leggera giacca mimetica, inadatta ad una giornata ventosa come quella mattina di metà marzo.
Ci siamo scambiati un’occhiata e ci siamo salutati con un cenno della testa, ci eravamo riconosciuti: si, entrambi cacciatori!
Aveva una sigaretta in bocca, spenta, che ha acceso a pochi passi dalla battigia.
Andava avanti e indietro, sembrava impaziente.
Poco dopo arrivo un altro uomo, molto più anziano, con un piccolo cane nero. Andò in direzione del primo arrivato. Si conoscevano, si salutarono abbracciandosi con affetto. Facevano tenerezza.
È bello constatare che l’amicizia tra i cacciatori rimanga un legame solido con il passare del tempo.
Iniziarono a gesticolare, evidentemente si raccontavano esperienze mirabolanti, chissà forse avvenute proprio su questa spiaggia. Pacche sulle spalle e grandi risate.
Esperienze comuni, condivise e raccontate chissà quante volte come capita anche a tutti noi con i nostri amici. Era piacevole vederli parlare, alcune volte platealmente facevano il gesto di imbracciare il fucile sparando nel vuoto a branchi di anatre invisibili ma nitide e reali nella loro mente. Mi erano simpatici ed avrei voluto essere li accanto a loro per ascoltarli.
Mentre parlavano osservavano continuamente il mare e mi accorsi che avevano percepito qualcosa. Al primo gli cadde la sigaretta dalla mano, guardò l’amico e con un cenno impercettibile di intesa gli fece capire che stavano arrivando.
L’altro si giro di scatto e fece un gesto inaspettato: accennò un inchino, ma non per salutarle bensì per nascondersi allo sguardo del branco di marzaiole: l’istinto atavico del cacciatore-predatore.
Ma quelle anatre stupende sapevano benissimo che quelle persone sulla spiaggia erano li per ammirarle, e come danzatrici di un ballo accattivante sfilarono a pochi metri davanti a tutti noi, lentamente come mai accade quando siamo con il fucile in mano.
Rincorrendo la nostra passione per il mondo
Con la chiusura della caccia al 31 gennaio dovemmo migrare anche noi: io, mio fratello e i miei “compagni di merende” a rincorrere le marzaiole nei paesi dove la caccia era ancora aperta durante il ripasso.
Ci spostammo in Montenegro, dove a suo tempo, nel marzo ’93 la caccia chiudeva il 31 di marzo.
Vi era l’embargo verso la Yugoslavia, e così senza perderci d’animo attraversammo l’Albania ed entrammo in Montenegro dalla frontiera del paese di Scutari.
Il lago era la nostra destinazione, quel lago che per oltre dieci anni ci regalò giornate di caccia indimenticabili.
Cacciavamo sui prati allagati dalle acque del lago dove di sera uscivano stormi enormi di acquatici in pastura. La mattina invece ci appostavamo sugli alberi, si proprio sulla chioma degli alberi poiché il tronco era completamente sommerso. Bastava una semplice rete mimetica, una tavoletta per poggiare bene i piedi, una ventina di stampi e tanta passione: fucile e cartucce erano un optional!
Spesso cacciavo anche sul barchino, con uno stuoino davanti che ci mimetizzava in mezzo alle canne. Le marzaiole prima di posarsi facevano alcuni giri sui canneti e noi più di una volta per seguirle con lo sguardo abbiamo rischiato di cadere in acqua.
Anche stando sugli alberi l’equilibrio era precario. Quando i branchi ti giravano intorno dovevi muoverti molto lentamente, per ogni movimento sbagliato si rischiava di far cadere qualche cosa nel lago, dove in alcuni punti c’erano anche due metri di profondità.
Ma che spettacoli che ho visto nel lago di Scutari: branchi di marzaiole, mestoloni, codoni, migliaia di pittime, combattenti, beccaccini.
Dopo qualche giornata di scirocco, se capitava un po’ di freddo e vento da nord il lago di riempiva di anatre. Dall’alba e fino all’ora di pranzo tiravamo in continuazione.
Verso la costa
Ma adesso sono solo bei ricordi! Si perché anche li la caccia alle marzaiole finì presto. Una fantomatica Fondazione ambientalista donò un bel po’ di soldi al governo per istituire il parco del Lago di Scutari e quindi precluderlo alla caccia.
Così ci spostammo sulla costa, dove conoscemmo altri amici montenegrini con cui iniziammo a cacciare sulla spiaggia, esattamente come facevamo in Italia, nelle saline di Ulcjni (poi anche loro chiuse all’attività venatoria) o il lago di Shas, dove la concorrenza con gli altri cacciatori era maggiore, ma le soddisfazioni con le belle mattinate di passo non mancarono neanche li.
La caccia sulla spiaggia ha un fascino particolare, si assiste alla vera migrazione con il transito lungo la linea di costa di ogni specie di acquatico e non.
Ricordo un anno mentre eravamo nel capanno in spiaggia che passarono sopra di noi migliaia e migliaia di cesene, oppure i tanti trampolieri proprio lungo la battigia, le bellissime Pittime reali che prima di arrivare al gioco rimanevano a girare per l’aria una vita!
E poi tante anatre! Una volta vidi anche un mestolone completamente albino che spiccava perfettamente in un bel branco di una cinquantina di esemplari.
Alcune mattine ci svegliavamo molto presto, quando il mare si agitava durante la notte dalla casa di Franjo, l’amico del posto dove alloggiavamo, si sentivano i cavalloni rompersi sulla riva. E cosi’ tristemente dovevamo “ripiegare” sulle saline, ma spesso quel ripiego si è trasformato in cacciate che mi rimarranno impresse nella memoria per tutta la vita.
Da qualche anno anche il calendario venatorio del Montenegro, avvicinandosi ai dettami europei, ha portato la chiusura della caccia a febbraio, con la conseguenza che le marzaiole anche li sono diventate un miraggio.
Non ci resta che migrare nuovamente, dove è possibile insidiare queste stupende anatre che ancora ci fanno sognare: ma le mete sono sempre più lontane!
Un grosso in bocca al lupo a tutti voi.
“Foto della marzaiola di Carlo Scotto“